Piero T. de Berardinis


AD Magazine


C|R|B|C - ArchiviDigitali
Il C|R|B|C, Centro di Ricerca per i Beni Culturali, fondato e diretto da Piero T. de Berardinis, opera dal 1982 nei settori dell'Information Technology e dei Sistemi & Tecnologie per l'Editoria Digitale; ha al suo attivo centinaia di produzioni multimediali (editoria elettronica su cd-rom e rete Internet), applicazioni multimediali per la didattica e applicazioni telematiche avanzate per i beni e le attività culturali. Il Centro ha sede a Pescara ed è attivo sia in Italia che all'estero con applicazioni web tecnologicamente innovative in particolare nei settori: Editoria, Musica, Beni Culturali, Ricerca scientifica, Turismo, Attività Produttive. Nel 1986 ha realizzato il primo motore di ricerca telematico specializzato in musei virtuali (MuVi.org) con un database di oltre 12.000 link museali internazionali e l'Annuario Elettronico dei Musei Italiani (MIt) con migliaia di complete schede museali. Nel 2002 ha realizzato, per la Regione Abruzzo, il Sistema Museale Telematico, primo portale online dedicato ai beni e alle attività culturali regionali.

Con la fondazione di → ArchiviDigitali (2002) ha iniziato, sia online che mediante edizioni a stampa, a diffondere il proprio archivio, di elevato livello e qualità, sia tecnica che scientifica.

The C|R|B|C, Centro di Ricerca per i Beni Culturali (Research Center for Cultural Heritage), founded and directed by Piero T. de Berardinis, has been operating since 1982 in the fields of Information Technology and Systems & Technologies for Digital Publishing; it has to its credit hundreds of multimedia productions (electronic publishing on CD-ROMs and Internet), multimedia applications for teaching and advanced telematic applications for cultural heritage and activities. The Center is based in Pescara (Italy) and is active both in Italy and abroad with technologically innovative web applications in particular in the sectors: Publishing, Music, Cultural Heritage, Scientific Research, Tourism, Productive Activities. In 1986 he created the first telematic search engine specialized in virtual museums (MuVi.org) with a database of over 12,000 international museum links and the Electronic Yearbook of Italian Museums (MIt) with thousands of complete museum cards. In 2002 he created, for the Abruzzo Region, the Telematic Museum System, the first online portal dedicated to regional cultural heritage and activities. With the foundation of → ArchiviDigitali (2002) he began the diffusion of his archival heritage both online and through printed publications of the highest quality and technical and scientific level.

Piero T. de Berardinis
Alba Fucens
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/1a-08 - Vol. 1a, pagg. 45

Alba Fucens (o Fucentia) Antica città degli Equi, sulla Via Valeria, presso il Lago Fucino, un km a SO dell'odierna Albe. Colonizzata dai Romani nel 302 circa a.C., alla fine della guerra sociale fu municipium. Restano molti tratti delle mura poligonali con quattro porte che recingono una vasta area traversata dalla Via Valeria. Gli scavi hanno restituito, fra l'altro, il basamento di un tempio tuscanico dedicato ad Apollo, riutilizzato in età romanica nella chiesa di S. Pietro; un acquedotto; tracce di un anfiteatro; un criptoportico; il cippo con il LXVIII miglio e dedica a Magnenzio (350-351 d.C.); una colossale statua di Ercole, un tempietto, dietro al quale è un mercato con tabernae; un edificio termale; adiacente al tempietto a N è una basilica civile a tre navate.

Alba Fucens (or Fucentia), an ancient city of the Equi, on the Via Valeria, near Lake Fucino, one km to the SO of today's Albe. Colonized by the Romans in about 302 BC, at the end of the Social War it was municipium. Many sections of the polygonal walls remain with four doors that enclose a large area crossed by the Via Valeria. The excavations have returned, among other things, the base of a Tuscan temple dedicated to Apollo, reused in Romanesque times in the church of S. Peter; an aqueduct; traces of an amphitheater; a cryptoporticus; the stone with the LXVIII mile and dedicated to Magnenzio (350-351 AD); a colossal statue of Hercules, a small temple, behind which is a market with tabernae; a thermal building; adjacent to the small temple to the north is a civil basilica with three naves.


ISBN-13: 979-8408581023 (copertina flessibile)

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Piero T. de Berardinis
Monastero della Beata Antonia
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/2a-08 - Vol. 2a, pagg. 73

Il Monastero fu fondato nel 1349 per volontà testamentaria di Giacomo Gaglioffi. Nel 1447 S. Giovanni da Capestrano lo affidò ad Antonia da Firenze che, in veste di badessa, lo guidò per sette anni. Morì il 29 febbraio 1472. Qualche giorno dopo l'inumazione, il corpo venne disseppellito e, con meraviglia degli astanti, trovato incorrotto. Papa Urbano VIII nel 1848 ne autorizzò il culto pubblico. Il monastero ha custodito il corpo incorrotto della Beata fino al luglio del 2006, quando, a seguito del trasferimento delle clarisse, è stato traslato presso il Monastero di S. Chiara a Paganica (AQ).

Il coro, interamente affrescato e composto da 97 stalli, è opera di maestranze milanesi del 1516. Irrinunciabile una visita alla Chiesa della Beata Antonia, che conserva mirabili opere dei principali artisti del rinascimento abruzzese: Andrea Delitio, Francesco (di Paolo) da Montereale, Paolo Cardone. Di particolare pregio gli affreschi di Andrea Delitio: L'Adorazione del Bambino colpisce il visitatore per le notevoli dimensioni e l'estrema delicatezza nella resa dei volti.

Altrettanto pregevole è l'affresco raffigurante la Madonna con Bambino e Sant'Ansano, riscoperto sotto la scialbatura nell'attuale parlatorio del convento. La festa della Beata Antonia ricorre il 28 febbraio e, negli anni bisestili, il 29, data della sua morte.

The Monastery was founded in 1349 by the will of Giacomo Gaglioffi. In 1447 S. Giovanni da Capestrano entrusted him to Antonia da Firenze who, as abbess, led him for seven years. He died on February 29, 1472. A few days after burial, the body was unearthed and, to the wonder of bystanders, found uncorrupted. Pope Urban VIII in 1848 authorized its public worship. The monastery guarded the incorrupted body of the Blessed until July 2006, when, following the transfer of the Poor Clares, it was moved to the Monastery of St. Chiara in Paganica (AQ).

The choir, entirely frescoed and composed of 97 stalls, is the work of milanese workers of 1516. A visit to the Chiesa della Beata Antonia is essential, which preserves admirable works by the main artists of the Abruzzo Renaissance: Andrea Delitio, Francesco (di Paolo) da Montereale, Paolo Cardone. Of particular value are the frescoes by Andrea Delitio: L'Adorazione del Bambino impresses the visitor for its considerable size and extreme delicacy in the rendering of the faces.

Equally valuable is the fresco depicting the Madonna con Bambino e Sant'Ansano, rediscovered under the sunrise in the current parlor of the convent. The feast of S. Antonia occurs on February 28 and, in leap years, on the 29th date of her death.


ISBN-13: 979-8412138565 (copertina flessibile)

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Piero T. de Berardinis
Monastero della Beata Antonia
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/2b-08 - Vol. 2b, pagg. 79

Il Monastero fu fondato nel 1349 per volontà testamentaria di Giacomo Gaglioffi. Nel 1447 S. Giovanni da Capestrano lo affidò ad Antonia da Firenze che, in veste di badessa, lo guidò per sette anni. Morì il 29 febbraio 1472. Qualche giorno dopo l'inumazione, il corpo venne disseppellito e, con meraviglia degli astanti, trovato incorrotto. Papa Urbano VIII nel 1848 ne autorizzò il culto pubblico. Il monastero ha custodito il corpo incorrotto della Beata fino al luglio del 2006, quando, a seguito del trasferimento delle clarisse, è stato traslato presso il Monastero di S. Chiara a Paganica (AQ).

Il coro, interamente affrescato e composto da 97 stalli, è opera di maestranze milanesi del 1516. Irrinunciabile una visita alla Chiesa della Beata Antonia, che conserva mirabili opere dei principali artisti del rinascimento abruzzese: Andrea Delitio, Francesco (di Paolo) da Montereale, Paolo Cardone. Di particolare pregio gli affreschi di Andrea Delitio: L'Adorazione del Bambino colpisce il visitatore per le notevoli dimensioni e l'estrema delicatezza nella resa dei volti.

Altrettanto pregevole è l'affresco raffigurante la Madonna con Bambino e Sant'Ansano, riscoperto sotto la scialbatura nell'attuale parlatorio del convento. La festa della Beata Antonia ricorre il 28 febbraio e, negli anni bisestili, il 29, data della sua morte.

The Monastery was founded in 1349 by the will of Giacomo Gaglioffi. In 1447 S. Giovanni da Capestrano entrusted him to Antonia da Firenze who, as abbess, led him for seven years. He died on February 29, 1472. A few days after burial, the body was unearthed and, to the wonder of bystanders, found uncorrupted. Pope Urban VIII in 1848 authorized its public worship. The monastery guarded the incorrupted body of the Blessed until July 2006, when, following the transfer of the Poor Clares, it was moved to the Monastery of St. Chiara in Paganica (AQ).

The choir, entirely frescoed and composed of 97 stalls, is the work of milanese workers of 1516. A visit to the Chiesa della Beata Antonia is essential, which preserves admirable works by the main artists of the Abruzzo Renaissance: Andrea Delitio, Francesco (di Paolo) da Montereale, Paolo Cardone. Of particular value are the frescoes by Andrea Delitio: L'Adorazione del Bambino impresses the visitor for its considerable size and extreme delicacy in the rendering of the faces.

Equally valuable is the fresco depicting the Madonna con Bambino e Sant'Ansano, rediscovered under the sunrise in the current parlor of the convent. The feast of S. Antonia occurs on February 28 and, in leap years, on the 29th date of her death.


ISBN-13: 979-8413510919 (copertina flessibile)

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Piero T. de Berardinis
Chiesa di S. Maria ad Cryptas
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/3-08 - pagg. 79

La chiesa di Santa Maria ad Cryptas si trova, come molte altre chiese abruzzesi, in un luogo isolato, a circa un chilometro dal paese di Fossa e a qualche chilometro dall'abbazia di Santo Spirito ad Ocre, della quale fu dipendenza per un certo periodo. Essa rappresenta uno dei più begli esempi di architettura duecentesca. Le sue origini però sono più antiche. Alcuni studiosi, tra cui il Bindi (Bindi, 1889) e il Gavini (Gavini, 1927), hanno sostenuto che essa nacque come un tempio nel IX o nel X secolo d.C. secondo i canoni dell'architettura romano-bizantina, che trova il suo elemento caratteristico nella presenza dell'ipogeo o cripta. Su questa struttura, circa quattro secoli dopo, venne eretto l'edificio religioso secondo lo stile gotico-cistercense, ad opera di maestranze benedettine.

The church of Santa Maria ad Cryptas is located, like many other Abruzzo churches, in an isolated place, about a kilometer from the village of Fossa and a few kilometers from the abbey of Santo Spirito in Ocre, which it depended for a certain period. It is one of the most beautiful examples of thirteenth-century architecture. However, its origins are older. Some scholars, including Bindi (Bindi, 1889) and Gavini (Gavini, 1927), have argued that it was born as a temple in the ninth or 10th century AD according to the canons of Roman-Byzantine architecture, which finds its characteristic element in the presence of the hypogeum or crypt. On this structure, about four centuries later, the religious building was erected according to the Gothic-Cistercian style, by Benedictine workers.


ISBN-13: 979-8414474807 (copertina flessibile)

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Piero T. de Berardinis
Chiesa di S. Maria ad Ronzanum
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/4-08 - pagg. 226

La Chiesa di S. Maria ad Ronzanum rappresenta uno dei più importanti edifici medievali della regione, grazie a delle forme architettoniche che mostrano il lento passaggio dal linguaggio romanico al gotico e grazie alla preziosa decorazione ad affresco che ancora si può ammirare al suo interno. L'edificio, un tempo annesso ad un monastero, sorge isolato a poca distanza dall'abitato di Castel Castagna, con il Gran Sasso che fa da scenario. Riguardo la sua fondazione non si posseggono molte notizie documentarie; la più antica menzione della chiesa appare in un rescritto papale datato 1184 che fa riferimento alla contesa di alcuni possedimenti, fra i quali compare la nostra Ronzano, tra il vescovo di Penne e l'abate dei Santi Quirico e Giuditta di Antrodoco. ciò non esclude che la fondazione della chiesa possa risalire a tempi anche di molto più antichi rispetto all'epoca della causa, la quale talaltro procedeva già da lunga data.

Il Bologna, inoltre, fa notare la presenza all'interno dell'edificio di un frammento scolpito con una figura di animale databile per stile al X o XI secolo che potrebbe riferirsi all'arredo della primitiva e più antica chiesa di S. Maria di Ronzano (Bologna 1983). In ogni modo, in base all'analisi delle strutture e della decorazione ad affresco, l'edificio che oggi possiamo ammirare è la risultante di una fase costruttiva coincidente con l'epoca della contesa. Nel XII secolo l'abate Senebaldo di Antrodoco guida il rifacimento del monastero dei SS. Quirico e Giuditta e forse egli stesso promuove la realizzazione della nuova chiesa di Ronzano, ricadente sotto la sua giurisdizione; in tal caso la costruzione di S. Maria può datarsi tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80 del 1100. Allo stesso arco cronologico rimanda l'iscrizione che corre su una cornice in pietra nell'abside maggiore, la quale riporta una data in parte mutila, la cui interpretazione è stata a lungo dibattuta fra gli studiosi, ma che con il Bologna possiamo leggere 1181 (Bologna 1983). L'anno, oltre a datare gli affreschi dell'abside, diviene anche un valido termine ante quem per collocare cronologicamente la realizzazione della chiesa. Al XII secolo, talaltro, sono datate anche le chiese pugliesi a cui la critica sovente rimanda per dei confronti con l'architettura e la decorazione scultorea della nostra.

La facciata a capanna spezzata di S. Maria di Ronzano accoglie tre portali, la ruota di un rosone (oggi finestrato) e due piccole monofore, le cui forme semplici e lineari sono messe in risalto dalla dicromia creata dall'accostamento del cotto e della pietra. Il profilo bianco della pietra disegna, lungo il corpo longitudinale, delle lesene e, nella zona presbiteriale, delle arcate cieche, che proseguono lungo la parete absidale, ove si congiungono alla monofora centrale e alle più piccole laterali. È caratteristica della chiesa di S. Maria la terminazione rettilinea e cuspidata che nasconde al suo interno tre absidi semicircolari: una tipologia architettonica che non trova precedenti in Abruzzo ma in Puglia, nelle chiese di S. Nicola e di S. Sabino a Bari e ancora nelle cattedrale di Bitonto e nel duomo vecchio di Molfetta. La decorazione delle monofore absidali sia a livello tipologico che morfologico rimanda ancora al repertorio pugliese. Le monofore sono decorate da un motivo a tralcio che, nella finestra centrale, più ampia, è contornato da due colonnine su mensole e da un giro di palmette e testine umane (ne rimangono solo due). È interessante notare come alcune monofore conservino la transenna marmorea originaria, definita da accurati motivi geometrici.

All'interno la chiesa mostra un impianto a tre navate coperte a tetto sul quale si innesta il corpo trasversale includente il transetto (a tre navate con volte a crociera) ed il presbiterio con le tre absidi semicircolari. Anche all'interno ritroviamo il gioco dell'alternanza del cotto e della pietra che riveste i pilastri, le arcate ed il fronte delle absidi e del transetto. Il modo in cui l'architetto attivo a Ronzano propone e risolve il connubio tra il corpo longitudinale ed il corpo trasversale della chiesa dimostra la sua approfondita conoscenza dell'architettura pugliese e soprattutto una sua libera capacità di rielaborazione; il maestro, per dirla con il Bologna, "non ripete o assesta il già saputo, bensì lo rinventa" (Bologna 1983). La chiesa è resa ancora più preziosa dalla decorazione ad affresco che ancora oggi si conserva in larghe zone.

***

The church of S. Maria ad Ronzanum is one of the most important medieval buildings in the Abruzzo region, thanks to architectural forms that show the slow transition from Romanesque to Gothic language and thanks to the precious fresco decoration that can still be admired inside. The building, once annexed to a monastery, is isolated a short distance from the town of Castel Castagna, with the Gran Sasso as a backdrop. About its foundation there is not much documentary information; the oldest mention of the church appears in a papal rescript dated 1184 that refers to the dispute of some possessions, among which appears our Ronzano, between the bishop of Penne and the abbot of Saints Quirico and Giuditta di Antrodoco. this does not exclude that the foundation of the church Bologna also points out the presence inside the building of a fragment carved with an animal figure dating back in style to the tenth or eleventh century that could refer to the furnishings of the primitive and older church of S. Maria di Ronzano (Bologna 1983). In any case, based on the analysis of the structures and fresco decoration, the building we can admire today is the result of a construction phase coinciding with the era of the dispute.

In the twelfth century Abbot Senebaldo of Antrodoco led the reconstruction of the monastery of SS. Quirico and Giuditta and perhaps he himself promotes the construction of the new church of Ronzano, falling under his jurisdiction; in this case the construction of S. Maria can be dated between the late ‘70s and early ‘80s 1100s. To the same chronological arc refers the inscription that runs on a stone frame in the main apse, which shows a partly mutilated date, whose interpretation has long been debated among scholars, but which with Bologna we can read 1181 (Bologna 1983). The year, in addition to dating the frescoes in the apse, also becomes a valid ante quem term for placing the construction of the church chronologically. The twelfth century, of course, are also dated to the Apulian churches to which critics often refer for comparisons with the architecture and sculptural decoration of ours.

The broken hut facade of S. Maria di Ronzano houses three portals, the wheel of a rose window (now windowed) and two small single lancet windows, whose simple and linear shapes are highlighted by the dichromy created by the combination of terracotta and stone. The white profile of the stone draws, along the longitudinal body, pilasters and, in the presbytery area, blind arches, which continue along the apse wall, where they join the central single-lancet window and the smaller laterals. It is characteristic of the church of S. Mary is the rectilinear and cusped ending that hides three semicircular apses inside: an architectural typology that is unprecedented in Abruzzo but in Puglia, in the churches of S. Nicola and S. Sabino in Bari and again in the cathedral of Bitonto and in the old cathedral of Molfetta. The decoration of the apse single lancet windows both on a typological and morphological level still refers to the Apulian repertoire. The single lancet windows are decorated with a branch pattern that, in the larger central window, is surrounded by two columns on shelves and a circle of human palmettes and heads (only two remain). Interestingly, some single-lancet windows retain the original marble barrier, defined by accurate geometric patterns.

Inside the church shows a plant with three naves covered with a roof on which the transverse body is grafted including the transept (three naves with cross vaults) and the presbytery with the three semicircular apses. Also inside we find the game of alternating terracotta and stone that covers the pillars, arches and front of apses and transept. The way in which the architect active in Ronzano proposes and resolves the union between the longitudinal body and the transversal body of the church demonstrates his in-depth knowledge of Apulian architecture and above all his free capacity for reworking; the master, to put it with Bologna, "does not repeat or settles the already known, but reinvents it" (Bologna 1983).

The church is made even more precious by the fresco decoration that is still preserved in large areas today.


ISBN-13: 979-8419732575 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8419744776 (copertina rigida)


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Piero T. de Berardinis
Abbazia di S. Clemente al Vomano
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/5-08 - pagg. 194

La chiesa di S. Clemente sorge nei pressi di Notaresco, nella valle attraversata dal Vomano, fiume dal quale prende l'appellativo. L'edificio, ridotto oggi a chiesa cimiteriale, vanta origini antiche ed una tradizione storica connessa alle vicende delle più grandi abbazie della regione. La sua più antica menzione risale al 1121, anno in cui papa Callisto II ricorda in un privilegio tra le dipendenze dell'abbazia di Casauria la chiesa di S. Clemente a Guardia Vomano. Un'altro documento, più tardo, ci offre in maniera indiretta delle notizie riguardanti la sua fondazione. Nel 1136 l'abate di Casauria denuncia all'imperatore Lotario le traversie e i soprusi che Canone di Guittone infligge alla chiesa di S. Clemente al Vomano, definita "ecclesia...quam piissima mater Ludovicii imperatoris donna Hyrmingarda fecit". Sulla identificazione di Ermengarda sono state avanzate due ipotesi (madre di Ludovico II o Ludovico III ?), in ogni modo il riferimento alla sua persona è utile per stringere l'arco cronologico della fondazione della chiesa tra l'871-2 e l'890. Al IX secolo possono talaltro datarsi dei rilievi scolpiti riutilizzati di spoglio in facciata. Sono le uniche testimonianze materiali dell'edificio originario, dal momento che, per il resto, le strutture parlano di un'altra fase edilizia, risalente all'XII secolo, durante la quale la chiesa assume le forme che ancora oggi ammiriamo.

Un'iscrizione incisa su di uno stipite del portale maggiore precisa anche la data dell'intervento, il 1108. La scritta è di difficile decifrazione e ha lasciato il campo a diverse ipotesi. Il Delogu (Delogu 1988) per esempio propone di leggervi 1158, così da posticipare l'intervento edilizio in tempi che coincidano con il soggiorno di Ruggiero e Roberto. I due artisti, autori nella chiesa di S. Clemente del bellissimo ciborio, secondo lo studioso sarebbe intervenuti anche alla decorazione di alcuni capitelli delle navate. Il Gandolfo (Gandolfo 2004), proprio dall'analisi della scultura architettonica assai diversificata, ritiene di poter attribuire agli inizi del XII, coerentemente con la data del portale, i capitelli del presbiterio, mentre assegna la realizzazione della navata con i suoi capitelli ad un secondo momento, collocabile tra il quarto-quinto decennio del XII secolo. In tal modo anche il Gandolfo può trovar ragione della vicinanza di alcuni capitelli con la bottega di Roberto e Ruggiero. Per l'Aceto invece, la dazione al 1108 trova conferma sia nel tipo di decoro che investe il portale maggiore che nella grande varietà di capitelli dell'interno. Tra essi emerge in particolare un capitello lavorato con foglie di palma e protomi animali agli spigoli. più che vedervi l'intervento di Ruggiero o Roberto quando il capitello era già in opera in uno stato "grezzo", come ad esempio ipotizza il Gavini (Gavini, edizione 1980), l'Aceto lo conduce in toto al 1108, indicandolo come "uno dei primi frutti di quella fitta rete di relazioni che, specie tra Abruzzo e Puglia, continueranno...fino alla fine del Duecento". Una seconda iscrizione scorre lungo l'archivolto dello stesso portale; ancora più danneggiata e di difficile lettura dell'altra, riesce comunque a tramandarci il nome dell' "ARTEFICE DE ARTE ARChIETONICA", il magister Guiscardus.

***

The church of S. Clemente is located near Notaresco, in the valley crossed by the Vomano, a river from which it takes its name. The building, now reduced to a cemetery church, boasts ancient origins and a historical tradition connected to the events of the largest abbeys in the region. Its oldest mention dates back to 1121, the year in which Pope Callixtus II remembers in a privilege among the dependencies of the abbey of Casauria the church of S. Clemente to Guardia Vomano. Another document, later, offers us news about its foundation indirectly. In 1136 the abbot of Casauria denounced to Emperor Lothair the hardships and abuses that Canon of Guittone inflicted on the church of S. Clemente al Vomano, defined as "ecclesia...quam piissima mater Ludovicii imperatoris donna Hyrmingarda fecit". Two hypotheses have been put forward on the identification of Ermengarda (mother of Ludwig II or Ludwig III?), however the reference to his person is useful for tightening the chronological arc of the foundation of the church between 871-2 and 890. Sculptured reliefs reused from bare on the facade can sometimes date back to the ninth century. They are the only material evidence of the original building, since, for the rest, the structures speak of another building phase, dating back to the twelfth century, during which the church takes the forms that we still admire today.

An inscription engraved on a jamb of the major portal also specifies the date of the intervention, 1108. The writing is difficult to decipher and has left the field to several hypotheses. The Delogu (Delogu 1988) for example proposes to read 1158, so as to postpone the building intervention in times that coincide with the stay of Ruggiero and Roberto. The two artists, authors in the church of S. Clement of the beautiful ciborium, according to the scholar, he would also intervene in the decoration of some capitals of the naves. Gandolfo (Gandolfo 2004), precisely from the analysis of the very diverse architectural sculpture, believes he can attribute at the beginning of the twelfth century, consistent with the date of the portal, the capitals of the presbytery, while assigning the realization of the nave with its capitals to a later moment, which can be placed between the fourth and fifth decade of In this way, Gandolfo can also find reason for the proximity of some capitals to Roberto and Ruggiero's workshop. For vinegar, on the other hand, the bestowal to 1108 is confirmed both in the type of decoration that invests the major portal and in the great variety of capitals in the interior. Among them emerges in particular a capital worked with palm leaves and animal protomas at the edges. rather than seeing the intervention of Ruggiero or Roberto when the capital was already in a "raw" state, as Gavini hypothesizes (Gavini, 1980 edition), vinegar leads it in its entirety to 1108, indicating it as "one of the first fruits of that dense network of relations that, especially between Abruzzo and Puglia, will continue ... until the end of the thirteenth century". A second inscription runs along the archivolt of the same portal; even more damaged and difficult to read than the other, it still manages to pass on to us the name of the "ARTEFICE DE ARTE ARChIETONICA", the magister Guiscardus.


ISBN-13: 979-8419760486 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8419772946 (copertina rigida)


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Piero T. de Berardinis
Abbazia di S. Maria Arabona
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/6-08 - pagg. 128

La chiesa di S. Maria Arabona presso Manoppello è uno degli esempi più rappresentativi di architettura cistercense nella Regione Abruzzo. L'ordine monastico cistercense sorge nel XI secolo in Francia e vive una particolare fioritura nel XII secolo con Bernardo di Chiaravalle (Bernard de Clairvaux, 1153). Le fondazioni si diffondono con rapidità in Francia ed in Europa e sviluppano un'architettura propria estremamente funzionale ed efficiente, basata sulla razionalità di forme nitide e geometriche, riflesso della ratio del fondatore e della spiritualità di Bernardo. L'edificazione di nuove fabbriche cistercensi favorisce in Europa il passaggio dalle forme romaniche al gotico, linguaggio che bene risponde alla logica e al nudo rigore richiesto dall'ordine. La prima fondazione cistercense in Abruzzo è Santa Maria Casanova presso Villa Celiera, edificata tra il 1195 e il 1197, che oggi sopravvive solo in forma di ruderi. Segue, in ordine cronologico, la nostra S. Maria Arabona, l'unica che conserva chiaramente nelle forme il linguaggio cistercense dal momento che le successive fondazioni conservano solo in parte l'originario tessuto architettonico (S. Spirito d'Ocre), hanno subito rifacimenti (S. Giuseppe a San Salvo già SS. Vito e Salvo) o sono andate completamente distrutte (S. Maria della Vittoria presso Scurcola Marsicana). Il toponimo "Arabona" assunto dalla chiesa ha a lungo alimentato la tesi che l'insediamento cistercense sia sorto sulle rovine di un tempio, un'ara, dedicato alla dea rurale Bona, da cui Arabona. Tale tesi non trova conferma né a livello documentario né archeologico dato che gli scavi condotti in occasione del restauro del complesso, realizzati tra il 1948 e il 1952, non hanno rilevato alcuna traccia di strutture antiche. Rimane dunque non risolta l'origine del nome Arabona, che possiamo in ogni modo supporre sia stato "inventato" dagli stessi Cistercensi, in analogia con altri casi (Bonaigue, Bonneval, Valbonne, ecc.)

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The church of S. Maria Arabona at Manoppello is one of the most representative examples of Cistercian architecture in the Abruzzo Region. The Cistercian monastic order rises in the 11th century in France and experienced a particular flowering in the 12th century with Bernard of Clairvaux (Bernard de Clairvaux, 1153). The foundations spread rapidly in France and Europe and develop their own extremely functional and efficient architecture, based on the rationality of sharp and geometric shapes, a reflection of the ratio of the founder and Bernardo's spirituality. The construction of new Cistercian factories favors in Europe the transition from Romanesque forms to Gothic, a language that responds well to the logic and the naked rigor required by the order. The first Cistercian foundation in Abruzzo is Santa Maria Casanova at Villa Celiera, built between 1195 and 1197, which today survives only in the form of ruins. It follows, in chronological order, our S. Maria Arabona, the only one who clearly preserves the Cistercian language in its forms since the subsequent foundations preserve only part of the original architectural fabric (S. Spirit of Ocre), have undergone renovations (St. Giuseppe in San Salvo already SS. Vito and Salvo) or have been completely destroyed (S. Maria della Vittoria at Scurcola Marsicana). The name "Arabona" assumed by the church has long fueled the thesis that the Cistercian settlement arose on the ruins of a temple, an altar, dedicated to the rural goddess Bona, from whom Arabona. This thesis is not confirmed either at the documentary or archaeological level since the excavations carried out on the occasion of the restoration of the complex, carried out between 1948 and 1952, have not detected any trace of ancient structures. Therefore, the origin of the name Arabona remains unresolved, which we can in any case assume was "invented" by the Cistercians themselves, in analogy with other cases (Bonaigue, Bonneval, Valbonne, etc.)


ISBN-13: 979-8419796867 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8419803572 (copertina rigida)


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Piero T. de Berardinis
Abbazia di San Giovanni in Venere
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/7-08 - pagg. 110

L'abbazia di San Giovanni in Venere si inserisce fra gli spettacolari esempi di architettura benedettina conservatisi in Abruzzo. Si tratta di un complesso, composto da chiesa e monastero, posto in posizione isolata su una collina denominata promontorio di Venere, a dominio dell'omonimo golfo e di un meraviglioso paesaggio che dal verde della Maiella si snoda sino alla costa adriatica. L'edificio costituisce il frutto di un lungo e complesso processo artistico e storico che avrebbe origini antichissime. Sul sito dove oggi sorge l'abbazia doveva essere ubicato un tempio pagano dedicato al culto della dea Venere Conciliatrice, la cui nascita sarebbe sicuramente non anteriore all'epoca di Cesare o Augusto, promotori del culto di Venere a Roma.

Il culto pagano venne sostituito con quello cristiano mediante l'edificazione di una chiesa dedicata a Giovanni Battista e alla Vergine Maria in un periodo compreso tra la seconda metà del VI secolo e la prima metà dell'VIII. Si può ipotizzare che tra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo l'insediamento venne organizzato dai benedettini in esso residenti come "cella", termine con il quale si trova ancora indicato in un atto del 973. Tale documento attesta la donazione da parte del marchese Trasmondo I di molti beni alla chiesa di San Giovanni in Venere, da quel momento posta dal nobile sotto la propria tutela. È così che iniziarono a crearsi le premesse per la trasformazione della modesta "cella" in un ricco monastero; a partire proprio dal 973, sino al 1024, l'abbazia vive una rilevante crescita economica alla quale si correla una altrettanto sviluppata preminenza politica e culturale.

All'interno di quest'arco di tempo possono essere individuate tre ipotetiche fasi costruttive: la prima è databile intono all'anno 1015, quando Trasmondo II provvedette alla realizzazione di un grande monastero e al restauro della chiesa, (della quale non rimane quasi nessuna traccia, fatta eccezione per alcuni rilievi reimpiegati nel portale verso il chiostro); la seconda dovette estendersi dal 1080 al 1120, quando venne impostato l'attuale impianto planimetrico di evidente matrice cassinese; l'ultima è riferibile alla fabbrica dell'abate Oderisio II, tra il 1165 ed il 1204. L'intervento di Oderisio II si giustificherebbe in relazione a due gravi eventi sismici, che colpirono l'edificio nel 1119 e nel 1125, e alla volontà di attribuire alla chiesa una più imponente immagine, rappresentativa della grande crescita culturale e territoriale che l'abbazia stava attraversando in quel periodo. La ricostruzione si realizzò sulla precedente impostazione planimetrica introducendo un metodo costruttivo di derivazione borgognona cistercense, assoluta novità nel panorama architettonico dei cantieri abruzzesi.

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The abbey of San Giovanni in Venere is one of the spectacular examples of Benedictine architecture preserved in Abruzzo. It is a complex, composed of a church and monastery, located in an isolated position on a hill called promontory of Venus, dominating the homonymous gulf and a wonderful landscape that winds from the green of the Maiella to the Adriatic coast. The building is the result of a long and complex artistic and historical process that would have ancient origins. On the site where the abbey stands today there must have been a pagan temple dedicated to the cult of the goddess Venus Conciliatrice, whose birth would certainly be no earlier than the time of Caesar or Augustus, promoters of the cult of Venus in Rome.

Pagan worship was replaced with Christian worship through the construction of a church dedicated to John the Baptist and the Virgin Mary in a period between the second half of the sixth century and the first half of the eighth. It can be hypothesized that between the end of the eighth and the beginning of the ninth century the settlement was organized by the Benedictines residing in it as "cell", a term by which it is still indicated in an act of 973. This document attests to the donation by Marquis Trasmondo I of many goods to the church of San Giovanni in Venere, from that moment placed by the nobleman under his own tutelage. This is how the premises began to be created for the transformation of the modest "cell" into a rich monastery; starting from 973, until 1024, the abbey experienced significant economic growth to which an equally developed political and cultural pre-eminence is correlated.

Within this period of time three hypothetical construction phases can be identified: the first can be dated around the year 1015, when Trasmondo II provided for the construction of a large monastery and the restoration of the church, (of which almost no trace remains, except for some reliefs reused in the portal towards the cloister); the second had to extend from 1080 to 1120, when the current plan of evident Cassino matrix was set up; the last refers to the factory of Abbot Oderisio II, between 1165 and 1204. The intervention of Oderisio II would be justified in relation to two serious seismic events, which struck the building in 1119 and 1125, and to the desire to attribute to the church a more imposing image, representative of the great cultural and territorial growth that the abbey was going through at that time. The reconstruction was carried out on the previous planimetric approach by introducing a construction method of Cistercian Burgundian derivation, an absolute novelty in the architectural panorama of Abruzzo shipyards.


ISBN-13: 979-8421415770 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8421424697 (copertina rigida)


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Piero T. de Berardinis
Bominaco
Chiesa di Santa Maria Assunta / Oratorio di San Pellegrino
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/8-08 - pagg. 181

L'Oratorio di San Pellegrino e la chiesa di Santa Maria Assunta costituiscono un complesso di straordinario valore artistico legato alla storia e alla diffusione dell'ordine monastico di San Benedetto. L'espansione benedettina in Abruzzo iniziò in epoca longobarda, intorno al VII-VIII secolo, con le prime grandi fondazioni, per proseguire in età carolingia, nei secoli IX-XII, con una diffusione più capillare ed omogenea. Di tutto il complesso oggi restano solo la Chiesa e l'Oratorio, due splendidi esempi dell'architettura romanica abruzzese, mentre sono scomparse completamente la struttura muraria ed altre costruzioni che pure dovevano far parte dell'intero organismo.

Notizie circa l'originaria struttura non restano neanche nelle opere scritte, come diplomi, codici o pergamene, che certamente i monaci, secondo i loro usi, dovevano aver prodotto. Il complesso monastico affonda le sue radici nei primi secoli del Cristianesimo, tra III e IV secolo, quando sul luogo venne sepolto il corpo di un missionario laico, San Pellegrino, che a Bominaco subì il martirio morendo trafitto dalle lance. Alcuni secoli dopo, intorno all'VIII, su quella tomba venne edificata, ad opera dei fedeli, una prima chiesa che venne trasformata in Oratorio per volontà di Carlo Magno, che si era trovato in Abruzzo in quegli anni ed era stato particolarmente colpito dal culto di quel martire. Egli dotò la chiesa di una buona estensione di terreno e la donò all'abbazia benedettina di Farfa, dalla quale arrivarono i monaci per dar vita ad una nuova comunità monastica. Da Farfa la comunità locale si rese indipendente solo nel 1001, con la donazione da parte del conte Oderisio di enormi estensioni di terreno comprendenti molti centri abitati comprensivi delle loro chiese.

Una data importante nella storia dell'Oratorio è il 1263, anno in cui l'abate Teodino avviò e diresse i lavori di restauro e di decorazione. Della sua opera rimane testimonianza nella iscrizione del suo nome sia sul rosone dell'ingresso originario della chiesa sia sui due plutei in pietra all'interno dell'organismo. L'edificio attuale è il risultato di quei lavori. L'Oratorio di San Pellegrino presenta due facce, quella esterna e quella interna, diverse e contrapposte tra loro. All'esterno la chiesa si presenta semplice ed essenziale, unici elementi degni di attenzione sono il pronao d'ingresso di origini seicentesche e il rosone sulla controfacciata. L'edificio si compone di un'unica aula rettangolare piuttosto piccola coperta da una volta sestiacuta divisa in quattro campate per mezzo di archi di rinforzo aggettati da lesene e terminanti in capitelli. Una cornice si snoda lungo il perimetro con funzione divisoria delle aree affrescate. Le aperture sono costituite da sei feritoie distribuite sui due lati della navata, e da due piccoli rosoni posti sugli ingressi, di cui uno semplice e l'altro ornato e ricco. Di grande rilievo artistico e storico sono i due plutei in pietra che dividevano lo spazio riservato ai fedeli da quello riservato ai catecumeni. Di fattura classica, essi rappresentano un drago, a sinistra, e un grifone, a destra.

L'interno è il risultato dell'opera di restauro dell'abate Teodino, che ebbe il merito di favorire la diffusione in Abruzzo dello stile gotico; egli arricchì la piccola chiesa di affreschi policromi che lasciano stupito il visitatore e che sono espressione della creatività spirituale ed artistica dei monaci artisti diretti dallo stesso abate. Il ciclo degli affreschi rappresenta una delle testimonianze più importanti e rilevanti della pittura medievale nella Regione.

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The Oratory of San Pellegrino and the church of Santa Maria Assunta constitute a complex of extraordinary artistic value linked to the history and spread of the monastic order of San Benedetto. Benedictine expansion in Abruzzo began in the Lombard era, around the VII-VIII century, with the first large foundations, to continue in the Carolingian age, in the IX-XII centuries, with a more widespread and homogeneous diffusion. Of the whole complex today only the Church and the Oratory remain, two splendid examples of Abruzzo Romanesque architecture, while the wall structure and other buildings that also had to be part of the entire organism have disappeared completely disappeared.

News about the original structure does not even remain in written works, such as diplomas, codices or parchments, which certainly the monks, according to their customs, must have produced. The monastic complex has its roots in the first centuries of Christianity, between the third and fourth centuries, when the body of a lay missionary, San Pellegrino, was buried on the site, who suffered martyrdom in Bominaco dying pierced by spears. A few centuries later, around the eighth, a first church was built on that tomb by the faithful that was transformed into an Oratory by the will of Charlemagne, who had been in Abruzzo in those years and had been particularly affected by the cult of that martyr. He endowed the church with a good extension of land and donated it to the Benedictine abbey of Farfa, from which the monks came to create a new monastic community. From Farfa the local community became independent only in 1001, with the donation by Count Oderisio of huge tracts of land comprising many inhabited centers including their churches.

An important date in the history of the Oratory is 1263, the year in which Abbot Theodino started and directed the restoration and decoration works. Evidence of his work remains in the inscription of his name both on the rose window of the original entrance to the church and on the two stone plutees inside the organism. The current building is the result of those works. The Oratory of San Pellegrino has two faces, the outer and the internal, different and opposite. Outside the church is simple and essential, the only elements worthy of attention are the entrance pronaos of seventeenth-century origins and the rose window on the counter-façade. The building consists of a single rather small rectangular hall covered by a sestiacuta vault divided into four spans by means of reinforcement arches projected by pilasters and ending in capitals. A frame winds along the perimeter with a dividing function of the frescoed areas. The openings consist of six slits distributed on both sides of the nave, and two small rosettes placed on the entrances, one simple and the other adorned and rich. Of great artistic and historical importance are the two stone pluteans that divided the space reserved for the faithful from that reserved for catechumens. Classically crafted, they represent a dragon, on the left, and a griffon vulture, on the right.

The interior is the result of the restoration work of Abbot Theodino, who had the merit of favoring the spread of the Gothic style in Abruzzo; he enriched the small church with polychrome frescoes that leave the visitor amazed and which are an expression of the spiritual and artistic creativity of the monks, artists directed by the Abbot himself. The cycle of frescoes represents one of the most important and relevant testimonies of medieval painting in the Region.


ISBN-13: 979-8423443252 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8423455538 (copertina rigida)


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Piero T. de Berardinis
Abbazia di Santa Maria del Lago
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/9-08 - pagg. 122

La chiesa di Santa Maria del Lago esisteva certamente nel XII secolo come attesta l'iscrizione della data (1159) presente sull'ambone. Dal Chronicon Casauriense sappiamo che intorno al 1050 Moscufo divenne feudo del monastero benedettino di San Clemente a Casauria e a quell'epoca si può far risalire la costruzione della chiesa. Il fatto che l'edificio non presenta un campanile rafforza quest'ipotesi giacché fino all'undicesimo secolo la funzione del campanile di radunare i fedeli era svolta da semplici campanelli a mano. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito lavori di restauro e trasformazioni. Uno dei più importanti ed incisivi interventi è il restauro realizzato in età barocca, precisamente nel 1733, sotto l'abate Battista Mazzacara. In quell'occasione venne rialzato il piano di calpestio, vennero coperti gli affreschi romanici e venne sostituito l'altare maggiore. All'esterno venne realizzata una trasformazione strutturale consistente nel rialzo dei muri laterali e della copertura per permettere una profonda modifica della facciata; questa fu concepita in stile classico con frontone triangolare, assumendo i caratteri di un tempio, scandita da quattro lesene in stucco e ospitante un rosone quadrilobato. Un altro importante intervento è quello del 1914 con abbassamento del pavimento nella zona intorno al pulpito e recupero alla luce dei piedistalli interrati delle colonne. Nel 1960 vennero effettuati importanti restauri ad opera della Soprintendenza col fine di ripristinare lo stato originario. Il cimitero retrostante venne completamente isolato dalla chiesa alla quale fino ad allora si era appoggiato. Vennero effettuate opere di consolidamento della struttura e della copertura oltre che delle fondazioni. Vennero sanate le lesioni soprattutto nella zona dell'abside ed eliminate le aggiunte di corpi di fabbrica che nei secoli erano state costruite a ridosso dell' abside e della parete sinistra della chiesa. Venne ripristinata la facciata originaria precedente quella settecentesca attraverso un intervento complesso e globale. La sopraelevazione della parte centrale e l'inclinazione delle ali laterali comportò l'eliminazione del frontone triangolare, alla parete scandita da lesene fu sostituita una parete liscia a mattoni, un rosone semplice andò a sostituire il barocco rosone quadrilobato, venne ricostruito il portale mediante il recupero di pezzi e frammenti sparsi nelle murature. A quel momento risale anche la porta in legno realizzata dall'ebanista Galliano Lucani. Elementi rimossi furono pure il campanile ed un'acquasantiera che affacciava all'esterno.

La struttura architettonica e la forma iconografica dell'organismo sono in linea con la tipologia benedettina. La chiesa consiste in tre navate terminanti in altrettante absidi come già il prospetto fa supporre. La facciata, semplice e liscia, è una omogenea parete di mattoni su cui spiccano gli unici elementi architettonici, il portale e il rosone. Il rosone, ripristinato negli anni Sessanta al posto di quello di età barocca, è semplicissimo e liscio senza decorazioni di alcun tipo. Il portale ad arco a tutto sesto, in pietra scolpita, è il portale originario. Presenta archivolto e stipiti della stessa larghezza contornati da listelli ed elegantemente decorati a bassorilievo da rosette, grappoli, animali e figure indefinite. I riferimenti di questa tipologia sono molti come Santa Maria di Bominaco e San Clemente al Vomano. Se il prospetto principale si presenta liscio, elementi decorativi sono invece presenti sugli altri lati dell'edificio. Le fiancate laterali, nella parte superiore, al di sotto della gronda, presentano una cornice di arcatelle semicircolari. Identico motivo si trova anche nella parte retrostante della costruzione. Il prospetto posteriore, in mattoni rossicci, presenta tre absidi semicilindriche chiuse in alto da una cornice ad arcatelle cieche. Solo l'abside centrale, la maggiore delle tre, è divisa in tre parti da due semicolonne miste in pietra e in laterizio che poggiano su una zoccolatura in mattoni e si innestano in alto alle arcatelle. Ogni abside presenta al centro una finestra stretta e sottile esternamente decorata con motivi vegetali o animali. Quella centrale è coronata all'interno da un cordone a spirale e più esternamente da un arco scolpito a volute, grappoli e foglie. Tipicamente romanico è il decoro della mostra della finestra di sinistra, costituita da tre pietre scolpite, raffigurante animali in lotta. La finestra di destra è liscia senza decorazioni. All'interno lo spazio risulta tripartito. La navata centrale presenta una larghezza doppia rispetto a quelle laterali dalle quali è separata per mezzo di due colonnati. Le colonne in laterizio con capitelli in pietra sostengono archi a tutto sesto che sembrano raggrupparsi a tre a tre per intrusione, al centro di ciascuna fila, di un pilone rettangolare su cui sporgono semicolonne. Al centro della navata di sinistra, appoggiato ad un pilastro, è il suggestivo ambone del 1159, che sembra avere funzione di divisione tra lo spazio riservato ai fedeli e il presbiterio. La copertura, in capriate di legno di quercia, è il frutto di un rialzamento nel corso del restauro settecentesco. Di questo mutamento restano tracce all'interno della chiesa presso la copertura delle navate laterali dove rimangono gli elementi della precedente copertura. A dare luce all'interno sono le otto piccole aperture lungo le navate laterali, le tre monofore aperte sulle absidi e il rosone centrale. Lungo la parete della navata destra sono evidenti i tamponamenti di tre finestre che in passato rappresentavano il collegamento con il cimitero di cui quella parete costituiva uno dei lati. Il pavimento in cotto è stato ripristinato durante l'ultimo restauro e riportato così alla sua natura originaria in armonia con la semplicità e il carattere dell'intero organismo. Presenta tre livelli diversi, più basso dall'ingresso fino alla terza campata, di livello medio al centro e più alto in corrispondenza del vano presbiteriale in modo da mettere in risalto l'altare. Sulla parete di controfacciata sono esposti diversi frammenti della chiesa originaria raffiguranti rosette, grappoli d'uva o animali immaginari, che possono considerarsi espressione dell'arte del primo romanico o dell'arte carolingia.

L'interno della chiesa è ricco di opere di grande rilievo come l'ambone, i capitelli e gli affreschi. L'ambone rappresenta una delle opere scultoree più importanti dell'arte medievale abruzzese. Esso fu realizzato nel 1159 da Nicodemo da Guardiagrele autore di molti altri amboni nella regione. Di forma cubica risulta costituito da una miscela di materiali come il marmo per le colonne, la pietra per la struttura portante ed una mistura di gesso, pietrisco e calce dal colore rosato. La struttura architettonica è molto simile a quella di altri pulpiti mentre l'apparato decorativo presenta una forte originalità ed un carattere orientale che fa supporre una derivazione dall'arte arabo-ispanica. A Nicodemo e alla sua bottega sono attribuiti dal Gavini (Gavini, 1980) anche gran parte dei capitelli delle colonne e dei pilastri realizzati nello stesso periodo dell'ambone. Come era proprio dell'arte scultorea romanica questi capitelli sono diversi l'uno dall'altro, presentano motivi formali originali e vari. Il Gavini, dopo un'attenta e minuziosa analisi stilistica di ognuno di essi, li ha raccolti in due gruppi, uno arcaicizzante legato ai caratteri plastici di San Liberatore e ai modelli benedettini più in generale, l'altro più nuovo,vicino ai canoni dell'ambone e alla fantasia dello scultore. Prevalgono i motivi vegetali, soprattutto foglie di palma, ma sono presenti anche figure umane ed animali. Va ricordato il capitello della semicolonna a fianco dell'ambone in cui, in mezzo ad una folta vegetazione, è rappresentata una scena mostruosa di una figura umana, un peccatore, che pende dalle fauci di un mostro. E' soprattutto nelle figure umane, contrassegnate da tanto realismo, che si evidenzia lo stesso carattere stilistico dell'ambone e la medesima matrice. Resti di affreschi sono sparsi ovunque all'interno della chiesa e questo induce a pensare che in origine fosse completamente decorata. Quello meglio conservato è certamente quello dell'abside centrale raffigurante il Giudizio Universale e riferito alla fine del Duecento. La collocazione sull'abside rappresenta una novità abruzzese ed è legata a motivazioni di carattere pedagogico e pratico. Fino ad allora tale tema veniva trattato sulla parete di controfacciata con carattere teofanico. Dell'intera rappresentazione restano diverse parti che ne consentono una sicura ricostruzione. L'affresco è diviso in due registri: quello superiore raffigurante il Cristo in trono, del quale restano solo i piedi, un angelo che suona la tromba del giudizio per richiamare in vita le anime dei morti; quello inferiore, leggibile integralmente, rappresenta i dodici Apostoli in piedi. Frammenti di affreschi sono visibili sui pilastri e sulle colonne delle navate ma anche nelle absidi laterali. Si tratta di opere realizzate nei secoli successivi, tra il XIV e il XV secolo, ma che risentono e ripetono i canoni stilistici tardo duecenteschi del Giudizio Universale dell'abside centrale.

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The church of Santa Maria del Lago certainly existed in the twelfth century as attested by the inscription of the date (1159) on the ambo. From the Chronicon Casauriense we know that around 1050 Moscufo became a fief of the Benedictine monastery of San Clemente in Casauria and the construction of the church can be traced back to that time. The fact that the building does not have a bell tower reinforces this hypothesis since until the eleventh century the function of the bell tower of gathering the faithful was carried out by simple hand bells. Over the centuries the church has undergone restoration and transformation work. One of the most important and incisive interventions is the restoration carried out in the Baroque age, precisely in 1733, under Abbot Battista Mazzacara. On that occasion the floor was raised, the Romanesque frescoes were covered and the high altar was replaced. Outside, a structural transformation was carried out consisting of the elevation of the side walls and the roof to allow a profound modification of the facade; this was conceived in a classic style with a triangular pediment, assuming the characteristics of a temple, punctuated by four stucco pilasters and hosting a quadrilobed rose window. Another important intervention is that of 1914 with lowering of the floor in the area around the pulpit and recovery in the light of the underground pedestals of the columns. In 1960, important restorations were carried out by the Superintendence in order to restore the original state. The cemetery behind was completely isolated from the church on which he had leaned until then. Consolidation works were carried out of the structure and roof as well as the foundations. The injuries were healed especially in the apse area and the additions of buildings that over the centuries had been built close to the apse and the left wall of the church were eliminated. The original facade before the eighteenth-century one was restored through a complex and global intervention. The cantilever of the central part and the inclination of the side wings led to the elimination of the triangular pediment, the wall marked by pilasters was replaced by a smooth brick wall, a simple rose window replaced the quadrilobed baroque rose window, the portal was rebuilt through the recovery of pieces and fragments scattered in the walls. The wooden door made by cabinetmaker Galliano Lucani also dates back to that moment. Elements removed were also the bell tower and a holy water font facing the outside.

The architectural structure and iconographic form of the organism are in line with the Benedictine typology. The church consists of three naves ending in as many apses as the prospectus suggests. The facade, simple and smooth, is a homogeneous brick wall on which the only architectural elements, the portal and the rose window stand out. The rose window, restored in the sixties instead of the Baroque one, is very simple and smooth without decorations of any kind. The round arched portal, in carved stone, is the original portal. It has archivolt and jambs of the same width surrounded by strips and elegantly decorated in bas-relief with rosettes, bunches, animals and indefinite figures. References of this type are many such as Santa Maria di Bominaco and San Clemente al Vomano. If the main elevation is smooth, decorative elements are present on the other sides of the building. The side panels, at the top, below the eaves, have a frame of semicircular arches. The same motif is also found in the back of the building. The rear elevation, in reddish brick, features three semi-cylindrical apses closed at the top by a blind arch frame. Only the central apse, the largest of the three, is divided into three parts by two mixed stone and brick semi-columns that rest on a brick plinth and graft up to the arches. Each apse has a narrow, thin window in the center externally decorated with plant or animal motifs. The central one is crowned inside by a spiral cordon and more externally by an arch carved into volutes, clusters and leaves. Typically Romanesque is the decoration of the exhibition of the left window, consisting of three carved stones, depicting animals in struggle. The right window is smooth with no decorations. Inside the space is tripartite. The central nave has twice the width of the lateral ones from which it is separated by means of two colonnades. Brick columns with stone capitals support round arches that seem to cluster three by three by intrusion, in the center of each row, of a rectangular pylon on which semi-columns protrude. At the center of the left aisle, leaning against a pillar, is the evocative ambo of 1159, which seems to have the function of division between the space reserved for the faithful and the presbytery. The roof, in oak trusses, is the result of a rise during the eighteenth-century restoration. Traces of this change remain inside the church at the roof of the side aisles where the elements of the previous roof remain. To give light inside are the eight small openings along the aisles, the three mullioned windows open on the apses and the central rose window. Along the wall of the right aisle are evident the infills of three windows that in the past represented the connection with the cemetery of which that wall was one of the sides. The terracotta floor was restored during the last restoration and thus restored to its original nature in harmony with the simplicity and character of the entire organism. It has three different levels, lower from the entrance to the third span, middle level in the center and higher at the presbytery compartment in order to highlight the altar. On the counter-façade wall are exhibited several fragments of the original church depicting rosettes, bunches of grapes or imaginary animals, which can be considered an expression of early Romanesque art or Carolingian art.

The interior of the church is rich in works of great importance such as the ambo, capitals and frescoes. The ambo is one of the most important sculptural works of medieval Abruzzo art. It was built in 1159 by Nicodemus of Guardiagrele author of many other ambones in the region. Cubic in shape, it consists of a mixture of materials such as marble for the columns, stone for the load-bearing structure and a mixture of chalk, crushed stone and pink lime. The architectural structure is very similar to that of other pulpits while the decorative apparatus has a strong originality and an oriental character that suggests a derivation from Arab-Hispanic art. Nicodemus and his workshop are also attributed by Gavini (Gavini, 1980) most of the capitals of the columns and pillars made in the same period as the ambo. As was typical of Romanesque sculptural art, these capitals are different from each other, they have original and varied formal motifs. Gavini, after a careful and meticulous stylistic analysis of each of them, collected them in two groups, one archaicizing linked to the plastic characters of San Liberatore and to the Benedictine models more generally, the other more new, close to the canons of the ambo and the imagination of the sculptor. Plant motifs prevail, especially palm leaves, but human and animal figures are also present. It should be remembered the capital of the semi-column next to the ambo in which, in the middle of thick vegetation, a monstrous scene of a human figure, a sinner, hanging from the jaws of a monster is represented. It is above all in human figures, marked by so much realism, that the same stylistic character as the ambo and the same matrix are highlighted. Remains of frescoes are scattered everywhere inside the church and this suggests that it was originally completely decorated. The best preserved one is certainly that of the central apse depicting the Last Judgment and referring to the end of the thirteenth century. The location on the apse represents a novelty of Abruzzo and is linked to pedagogical and practical motivations. Until then this theme was treated on the counter-façade wall with a theophanic character. Several parts of the entire representation remain that allow for a safe reconstruction. The fresco is divided into two registers: the upper one depicting the Christ enthroned, of whom only the feet remain, an angel who blows the trumpet of judgment to bring the souls of the dead to life; the lower one, readable in full, represents the twelve Apostles standing. Fragments of frescoes are visible on the pillars and columns of the naves but also in the side apses. These are works made in the following centuries, between the fourteenth and fifteenth centuries, but which are affected and repeated the late thirteenth-century stylistic canons of the Last Judgment of the central apse.


ISBN-13: 979-8427915168 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8427925501 (copertina rigida)


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Piero T. de Berardinis
Duomo di Atri
C|R|B|C - Catalogo Immagini (2008)
CRBC/10-08 - pagg. 272

La chiesa di Santa Maria Assunta è uno degli esempi più belli di architettura medievale in Abruzzo. La facciata a blocchi squadrati risulta divisa verticalmente in tre parti da quattro lesene, due delle quali poste sugli spigoli, le altre due incorniciano il portale e il rosone. La terminazione non è quella originaria a cuspide che deve essere caduta a causa del terremoto del 1563. Oggi essa si presenta rettilinea delimitata orizzontalmente da una cornice ad archetti pensili trilobati. Al centro sono il portale e il rosone contenuti in una sottile ed elegante cornice a timpano. Il portale, datato 1305, fu realizzato da Rainaldo d'Atri. Il prospetto posteriore confina con il chiostro perciò non è visibile dall'esterno. Esso è costituito per la metà inferiore da blocchi in pietra e per l'altra metà da mattoni. Il lato meridionale presenta ben tre portali, di cui uno attribuito a Rainaldo d'Atri nel 1305 e gli altri due realizzati da Raimondo de Poggio tra il 1288 e il 1302. Essi presentano la stessa configurazione architettonica costituita da un arco a tutto sesto a sua volta contenuto in un timpano triangolare. Tutta la parete è scandita da dieci lesene e da otto strette finestre con arco a tutto sesto. La parte finale di questo lato confina con la chiesa di Santa Reparata, sorta inizialmente come cappella e in seguito trasformata in chiesa. Il lato settentrionale, anch'esso scandito da lesene, verso la parte finale è coperto dalla sacrestia ed altri edifici realizzati dal XVI secolo in poi ed è interrotto dal campanile che risulta staccato dalla parete. Quest'ultimo è un organismo quadrato molto alto e slanciato costituito anch'esso da blocchi squadrati in pietra e ritmato da cornici marcapiano in cotto. In alto termina in un tamburo ottagonale, culminante in una piramide, che presenta ad un primo livello delle bifore su ogni lato e ad un secondo livello delle aperture tonde incorniciate da tasselli in vetro e maiolica. Il tamburo ottogonale con cuspide è tipico dell'area teramana e fu realizzato nel 1502 da Antonio da Lodi. Il chiostro, adiacente al lato posteriore della chiesa, è per tre lati costituito da due piani con doppio loggiato realizzati in epoche diverse. Il lato mancante di loggiato presentava in origine un porticato, in seguito assorbito dal chiostro, dal quale si accedeva alla cisterna romana già riconvertita in luogo di culto.

La cattedrale si trova in leggera pendenza in linea con il colle su cui è stata edificata. Questo si riflette nel dislivello tra la piazza e l'interno della chiesa alla quale si accede scendendo alcuni gradini. Lo spazio interno è suddiviso in tre navate da pilastri di diversa forma, quelli della prima metà sono rettangolari con semicolonne addossate, quelli della seconda metà sono rivestiti da un rinforzo ottagonale. Su di essi poggiano gli archi a sesto acuto che definiscono le campate. Anche queste ultime si diversificano in due tipologie; le prime quattro sono piccole e a pianta rettangolare, quelle verso il presbiterio sono ampie e a pianta quadrata. Queste differenze sono espressione di due fasi diverse di intervento. Uniche aperture che gettano luce sulle navate sono due monofore ad arco interno trilobato. La copertura attuale è costituita da un soffitto a capriate lignee che è stato ripristinato nel Novecento mediante eliminazione della copertura a volta di origine ottocentesca. La zona presbiteriale è chiusa da una parete rettilinea ed è illuminata da un'unica apertura sferica dopo che è stata chiusa la monofora sottostante per dare continuità al ciclo pittorico.

La principale opera pittorica è il ciclo di affreschi quattrocenteschi attribuito ad Andrea Delitio e raffigurante scene del Nuovo Testamento con particolare riferimento alla vita della Vergine. Altri affreschi sono presenti sui pilastri delle navate, essi risalgono al XV secolo e raffigurano Santi e Martiri. Una scena raffigurante una danza macabra è dipinta sul muro di fondo della navata sinistra. La chiesa contiene anche molte opere scultoree come l'acquasantiera che si trova a destra dell'ingresso, molto originale per la figura femminile, una popolana, che sostiene la vasca dell'acqua. La scultura, datata alla fine del XV secolo, era stata concepita per una fontana pubblica e poi trasferita in chiesa. Di epoca romanica è la conca con quattro leoncini a bassorilievo collocata all'interno del fonte battesimale, posto al di sotto di un tabernacolo nella prima campata della navata sinistra. Durante i lavori di restauro nel corso del Novecento sono stati rinvenuti diversi strati di pavimentazione nella zona presbiteriale. Al di sotto di quella seicentesca è stato rinvenuto un pavimento in cotto a sua volta costruito su un pavimento in mosaico romano che copriva la zona corrispondente alla navata centrale. Questo, datato al II secolo d. C., dovette appartenere all'impianto termale romano come rivela anche il soggetto prevalentemente marino. Oggi questi resti antichi sono in mostra al di sotto di una pavimentazione trasparente.

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The church of Santa Maria Assunta is one of the most beautiful examples of medieval architecture in Abruzzo. The square block facade is divided vertically into three parts by four pilasters, two of which are placed on the edges, the other two frame the portal and the rose window. The termination is not the original cusp finish that must have fallen due to the earthquake of 1563. Today it is straight bordered horizontally by a frame with trilobed hanging arches. At the center are the portal and rose window contained in a thin and elegant tympanum frame. The portal, dated 1305, was built by Rainaldo d'Atri. The rear elevation borders the cloister so it is not visible from the outside. It consists of the lower half of stone blocks and the other half of bricks. The southern side has three portals, one of which is attributed to Rainaldo d'Atri in 1305 and the other two made by Raimondo de Poggio between 1288 and 1302. They have the same architectural configuration consisting of a round arch in turn contained in a triangular tympanum. The entire wall is punctuated by ten pilasters and eight narrow windows with a round arch. The final part of this side borders the church of Santa Reparata, which initially a chapel was built and later transformed into a church. The northern side, also punctuated by pilasters, towards the final part is covered by the sacristy and other buildings built from the sixteenth century onwards and is interrupted by the bell tower that is detached from the wall. The latter is a very tall and slender square organism also consisting of square blocks in stone and punctuated by terracotta stringcourse frames. At the top it ends in an octagonal drum, culminating in a pyramid, which has mullioned windows on each side at a first level and at a second level round openings framed by glass and majolica dowels. The octagonal drum with cusp is typical of the Teramo area and was built in 1502 by Antonio da Lodi. The cloister, adjacent to the back side of the church, consists of two floors with double loggias made in different eras. The missing side of the loggia originally had a portico, later absorbed by the cloister, which led to the Roman cistern already converted into a place of worship.

The cathedral is slightly sloping in line with the hill on which it was built. This is reflected in the difference in height between the square and the interior of the church which is accessed by descending a few steps. The interior space is divided into three naves by pillars of different shapes, those of the first half are rectangular with semi-columns leaning against, those of the second half are covered with an octagonal reinforcement. On them rest the pointed arches that define the spans. The latter also differ in two types; the first four are small and rectangular in plan, those towards the presbytery are large and square in plan. These differences are an expression of two different phases of intervention. The only openings that shed light on the aisles are two single-lancet windows with an internal trilobed arch. The current roof consists of a ceiling with wooden trusses that was restored in the twentieth century by eliminating the vaulted roof of nineteenth-century origin. The presbytery area is closed by a straight wall and is illuminated by a single spherical opening after the underlying single-hole has been closed to give continuity to the pictorial cycle.

The main pictorial work is the fifteenth-century cycle of frescoes attributed to Andrea Delitio and depicting scenes from the New Testament with particular reference to the life of the Virgin. Other frescoes are present on the pillars of the naves, they date back to the fifteenth century and depict Saints and Martyrs. A scene depicting a macabre dance is painted on the back wall of the left aisle. The church also contains many sculptural works such as the holy water font located to the right of the entrance, very original for the female figure, a commoner, who supports the water tank. The sculpture, dated to the late 15th century, was conceived for a public fountain and then transferred to the church. From Romanesque times is the basin with four bas-relief lions located inside the baptismal font, located below a tabernacle in the first span of the left aisle. During the restoration work during the twentieth century, several layers of flooring were found in the presbytery area. Below the seventeenth-century one, a terracotta floor was found, in turn, built on a Roman mosaic floor that covered the area corresponding to the central nave. This, dated to the second century AD. C., had to belong to the Roman thermal plant as the predominantly marine subject also reveals. Today these ancient remains are on display under transparent pavement.


ISBN-13: 979-8427933353 (copertina flessibile)
ISBN-13: 979-8427958646 (copertina rigida)


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